Sabato 4 Maggio
h 16.00 – 17.30
T*3.0
Autodifesa digitale transgender non-binary
Workshop di autodifesa digitale e hacking del sé per persone transgender e non-binary a cura di Martu Palvarini (Asterisco edizioni) e Hanay Raja (Gruppo Ippolita). Il seminario è gratuito e a porte chiuse, non occorre avere particolari competenze tecniche, per iscrizioni scrivere a info@beta.ippolita.net
Il laboratorio è pensato come un safe space, uno spazio separato dai privilegi di genere, dedicato alle persone che desiderano discutere delle fragilità specifiche delle soggettività in transizione e che non si riconoscono nel genere biologico.
Chiediamo a tutt* di scegliere se partecipare in modo responsabile, relativamente alla propria prospettiva situata e con attenzione alla reciproca sensibilità.
V.I.T.R.I.O.L. si compone di appuntamenti culturali e incontri laboratoriali progettati come moduli formativi. Il programma è dedicato a coloro che cercano un’esperienza di crescita non conforme e un set di strumenti interpretativi agili, per relazionarsi con le sfide della contemporaneità. Leggi tutto il Programma
Il workshop di svolge a Macao Ippolita svolge workshop di Autodifea Digitale ad ampio raggio dalle aule universitarie al sottobosco hacker
Autodifesa digitale e Antiproibizionismo (un estratto da un articolo di Ippolita comparso su Dinamo Press)
Il social media è progettato per considerare le azioni come buone perché associate a una gratificazione, non perché valutate dal punto di vista etico, estetico o morale. È bandita qualsiasi dialettica della negatività che non sia descrivibile con un emoji.
L’imperativo, caldeggiato dagli studiosi di comunicazione e story telling, è quello di “essere se stessi”, di raccontare la verità, di avere fiducia e affidarsi a se stessi in una continua autoreferenzialità dove l’Altro è ridotto a pubblico. In condizioni ordinarie questo genera comportamenti collusivi e diseduca al conflitto. In condizioni di fragilità può portare a gravi episodi di prevaricazione.
Osservando questo scenario da una prospettiva di pedagogia critica non è difficile scorgere che le dinamiche oppressive e abusanti sono generate dallo stesso ambiente social nei suoi elementi costitutivi.
Naturalmente né il determinismo chimico della gamificazione, né la cornice consumistica e prestazionale del media sono un alibi sufficiente a giustificare gli individui che partecipano ai fenomeni più deleteri come le shitstorm, il sexiting, bodyshaming, revengeporn e il resto delle esperienze simili, di cui sono vittime soprattutto le femmine e le individualità gender queer.
Tuttavia è nostra responsabilità politica ribadire con chiarezza che questi fenomeni sono funzionali all’apparato di controllo. Rispondono cioè all’esigenza di raccogliere informazioni su come eterodirigere il comportamento (squadrista) di gruppi anche molto vasti di utenti. Per questa ragione non saranno mai realmente contrastati dall’azienda che ne eroga il servizio, in quanto effetti del loro sviluppo e design. È indispensabile dunque che si agisca in prima persona e collettivamente con iniziative di supporto psicologico, autodifesa e controinformazione, oltre che naturalmente con l’azione diretta. Ribadiamo che la scelta di non proibire l’accesso al mondo dispotico del consumismo non significa minimizzare, ma riconoscere che gli strumenti della cura del sé dell’antiproibizionismo militante sono strumenti eminentemente politici. Capaci cioè di trasformare, qui e ora, il godimento normalizzante e compulsivo nella ricerca di uno stile personale e di un desiderio collettivo.
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