Contro il disciplinamento algoritmico: sabotaggio epistemico e neurodiversità guerrigliere
Webinar Martedì 25 e Giovedì 27 Gennaio
In che modo il pensiero algoritmico diventa un pensiero normalizzante? E quanto è incorporata nel design degli algoritmi la tendenza a igienizzare le relazioni, pur facendoci sentire sempre libere di esprimerci? Nei social network anche il dissenso e il pensiero critico sono un +1 da aggiungere ai Big Data, sono merce, quindi profitto.
La disciplina algoritimica ci modifica attraverso l’introiezione di una regola che è tanto fisica quanto psichica. Il comportamento che diventa norma sociale infatti, non è solo consuetudine, ma incarnandosi in corpi fisici ci neuro-normalizza. Crea schemi cognitivi ai quali facciamo riferimento in modo sia culturale che profondamente emotivo e “fisico”.
All’interno dei social network tutto questo accade in un unico orizzonte di verità: la quantificazione del nostro agire, che ci forma a una sempre più efficiente performatività funzionale.
Se nella psichiatria il vile mestiere di punire viene trasformato nel bel mestiere di guarire, nei social la verificabilità empirica che rende tutto misurabile (come se la nostra cognizione fosse un calcolatore, la nostra vita emotiva un’azienda) appiattisce la pluralità epistemica attraverso il sistema di ricompense, il gigantismo globalista della condivisione, il desiderio di accumulo.
Possiamo immaginarci altrimenti?
Dal punto di vista critico e politico, le forme di azione che si sottraggono al pensiero algoritmico chiamano in causa la neurodiversità.
Sono neurodiversi non solo gli individui con atipicità neurologiche, come chi rientra nello spettro autistico, ma anche tutte quelle forme di pensiero (e di azione) che vengono sistematicamente escluse e marginalizzate: perché non efficienti, perché non rigorose, perché non quantificabili.
È la lunga scia del paradigma biosicuritario – la distinzione tra normali e anormali, tra soggetti neurotipici e soggetti neurodiversi – che arriva fino noi, all’interno dei nostri smartphone, nei nostri schermi, nelle nostre routine quotidiane.
Per disinnescare i meccanismi tecnocratici, fare attrito negli ingranaggi della sussunzione algoritmica, occorre ripensarci ai margini da punto di vista cognitivo. In questo seguiamo bell hooks: è il margine – questo spazio difficile, ma necessario – il luogo di apertura radicale in cui immaginare pratiche di liberazione collettive.
Il webinar sarà dedicato alla decostruzione di questo panorama, un altro passo per attuare l’hacking del sé. Nei due appuntamenti alterneremo momenti frontali, di discussione collettiva e laboratoriali, riflettendo su noi stesse e sulla relazione con i nostri dispositivi.
L’incontro è un’iniziativa di autofinanziamento del gruppo Ippolita, si tratta di un seminario a numero chiuso, per ricevere tutte le informazioni necessarie all’iscrizioni scrivere a info_at_ippolita.net
Programma
Martedi 25 gennaio, ore 20.30 – 22.00
- Giro di presentazioni
- Introduzione alle due serate
- Seminario
- Discussione collettiva
Giovedi 27 Gennaio, ore 20.30 – 22.00
- Ripresa dei lavori
- Laboratorio “Esercizi di memoria condivisa tra noi e le macchine“
- Discussione collettiva