L’unica forma di proletariato che commuove la borghesia

Un estratto dal volume di Lucía Egaña Rojas. Trincerate nella carne Letture intorno alle pratiche della postpornografia, Meltemi 2024, Collana Culture radicali  curata dal gruppo di ricerca Ippolita. A cura di Helena Falabino. Traduzione Falabino e Ippolita.

Un altro discorso pro-sex in prima persona sulla prostituzione è quello che fa Virginie Despentes in King Kong Theory (1) , nel quale sostiene che la prostituzione sia l’unica forma di proletariato la cui condizione commuove la borghesia. L’autrice si chiede come mai alle classi medio-alte non scandalizzi la qualità di vita di un’operaia che, in cambio di uno stipendio minimo, lavora più di quaranta ore a settimana in una fabbrica, mentre considerano un attacco alla dignità il lavoro di una prostituta che guadagna la stessa quantità di soldi in un paio d’ore (Despentes 2006, tr. it. 2019).
Per Despentes la prostituzione non è naturale, bensì, per attuarsi con successo, richiede l’impiego di specifiche tecnologie: la depilazione, la cura dei capelli, la manicure, il trucco, i vestiti, la lingerie e altri complementi.

La prostituzione è un lavoro ben pagato per una donna poco qualificata, che conferisce una sensazione di potere difficile da superare con un altro tipo di attività in cui non si venda l’intimità e non si mostri il privato. L’autrice denuncia i “contratti” impliciti nelle relazioni matrimoniali, in cui di fatto viene svolto del lavoro sessuale, ma in cambio di dipendenza economica, a scapito della propria autonomia.

Per Despentes la prostituta lavora fuori dalla domesticità, dalla maternità e dalla cellula familiare, rompendo il contratto implicito che proibisce alle donne di ottenere benefici dalla propria sessualità al di fuori del matrimonio.
Molte donne hanno potuto appropriarsi di luoghi pubblici (la strada) e dei mezzi di rappresentazione (la scrittura, la produzione di film), hackerando l’immagine della puttana stabilita dalla morale e dai mezzi di comunicazione di massa (2). Per Despentes “vietare l’esercizio della prostituzione all’interno di una cornice legale adeguata significa proibire specificamente alla categoria femminile di arricchirsi, di trarre profitto dalla sua stessa stigmatizzazione” (ivi, p. 73).
In qualche modo la prostituzione e la pornografia mettono in scena la tensione fra sesso e denaro, mostrando come la componente oppressiva di queste pratiche sessuali fosse radicata nella sua remunerazione. Come sostiene Silvia Federici, il salario, anche se ridotto, dà la sensazione di un trattamento equo, dato che per lo meno viene riconosciuto alla persona stipendiata il rango di lavoratorx.

Al contrario, il lavoro domestico è stato storicamente considerato un compito naturale delle donne: un certo tipo di istinto e l’amore sembrano essere le prerogative essenziali che favoriscono l’attività domestica (Federici 2012, tr. it. 2020a). Anche il sesso viene solitamente considerato parte di queste pratiche connesse all’amore e allo spazio domestico, esercitate dalle donne seguendo il tacito accordo della socializzazione della femmina eterosessuale, al punto che non si ritiene necessario che vengano remunerate.

(1) Oltre ad aver lavorato come prostituta, Virginie Despentes è autrice di numerosi romanzi e ha co-diretto insieme a Coralie Trinh Thi Scopami (2000), un film che ha destato moltissime polemiche. Il film racconta le esperienze di una prostituta e di un’attrice porno che, piene di odio, decidono di vendicarsi di uno stupratore avendo rapporti sessuali con uomini che poi uccidono. Questo film, al limite della pornografia ma troppo “violento” per essere considerato tale, è stato proibito in diversi paesi.

(2) È importante tenere in considerazione il fatto che sia Sprinkle sia Despentes parlano del lavoro sessuale dalla loro prospettiva di donne bianche occidentali di classe media. I discorsi che riguardano la prostituzione e la pornografia delle femministe pro-sex solitamente emergono da questa prospettiva privilegiata che sembra essere l’unica possibile per un’enunciazione emancipata.

***

Trincerate nella carne Letture intorno alle pratiche della postpornografia. Il saggio traccia la storia del postporno a Barcellona, epicentro europeo di un fenomeno che ha coinvolto alcune frange del femminismo delle ultime generazioni. In aperta polemica con la normatività dalla pornografia commerciale, il postporno usa la sua carica politica per occupare lo spazio pubblico rendendo visibili corpi e pratiche sessuali marginalizzate dal perbenismo della società civile.
L’esperienza personale dell’autrice permette di superare la dicotomia fra attivismo e accademia: quello di Egaña Rojas è il racconto di un dis-apprendimento che evidenzia le dinamiche affettive, creative e fallimentari del postporno come forme di resistenza all’assimilazione del capitalismo patriarcale bianco. La sua identità di cilena migrante fa emergere le contraddizioni fra Nord e Sud, mostrando come parole e mitologie politiche mutuate dalle lotte statunitensi risultino improprie nel contesto europeo e completamente fuori luogo nei territori coloniali latinoamericani.
In chiusura, la pornoattivista Slavina e l’attivista transfemminista Rachele Borghi ci parlano della contaminazione avvenuta sulla scena italiana.

Lucía Egaña Rojas è un’attivista, artista, curatrice e saggista cilena, ha studiato Belle Arti e ha un dottorato in Comunicazione audiovisiva. Scrive e ricerca nell’ambito del transfemminismo, della postpornografia, della tecnologia e della pedagogia informale. È autrice del documentario Mi sexualidad es una creación artística (2011). Ha fatto parte dell’organizzazione Muestra Marrana, festival internazionale itinerante sulla postpornografia e sulle rappresentazioni radicali del sesso.

A cura di Helena Falabino, artista visiva italo-argentina. Ha studiato fotografia a Berlino e semiotica a Bologna, dove al momento collabora con diverse realtà indipendenti del panorama artistico e culturale.

Traduzione di Helena Falabino e Ippolita, gruppo di ricerca indipendente che si occupa di filosofia e critica della tecnologia, editoria e formazione, con un taglio femminista e libertario. Per Meltemi ha pubblicato Tecnologie del dominio (2017).